Prima di iniziare:
Alcune immagini che trovate nell’articolo e quella di copertina sono della performance The House With the Ocean View di Marina Abramović che ho visto riprodotta nella galleria gres art 671 a Bergamo. Qui trovate un video descrizione della performance che mi ha fatto riflettere sul significato di casa come luogo da cui evadere/spazio da abitare o in cui rinchiudersi.
Parlare di spazi partendo dai bagni
Nel saggio Invisibili, Caroline Criado-Perez risponde alla domanda “ Perché nei bagni delle donne c'è sempre la coda e in quelli dei maschi no?” in una società che ignora le donne anche quando si parla di andare al gabinetto.
Parlare di bagni, domestici o pubblici, è una questione politica, un metro per misurare i fallimenti di un paese e la sua considerazione del genere femminile. Il perché può essere riassunto in quattro punti
Innanzitutto i bagni pubblici sono progettati suddividendo lo spazio in parti uguali, ma spesso nel bagno degli uomini ci sono sia le cabine, sia gli orinatoi, dunque il rapporto tra spazio e utilizzatori è più vantaggioso
è stato calcolato che una donna impiega un tempo fino a 2,3 volte superiore a un uomo per utilizzare una toilette, questo tenendo conto
della possibile presenza di donne in gravidanza o che accompagnano i propri figli al bagno oppure
di donne che potrebbero aver bisogno di cambiare un assorbente, aumentando la permanenza nella cabina.
Insomma, se la progettazione dei bagni pubblici è a misura di maschio, quanti altri spazi che abitiamo nel quotidiano lo sono?

Urbanistica di genere: progettare la città delle differenze
Osservare le città da un punto di vista di genere é ció di cui si occupa, Sex and the City, associazione fondata nel 2022 da Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro.
Parte della loro ricerca, Milan Gender Atlas / Milano Atlante di genere, é stata riportata in copertina nella guida The Passenger di Milano.
La mappatura ambisce a restituire le declinazioni che la città propone rispetto alla vita delle donne. Indagandone gli usi, intercetta i servizi che rispondono alle esigenze quotidiane, scandite dalla necessità di fare fronte alla maggior parte del lavoro di cura non retribuito.
Fare la conta dei bagni pubblici nel centro di Milano, dei luoghi per l’allattamento sicuro, degli ascensori, aree gioco, asili nido e piazze aperte é un vero e proprio atto politico. Un modo per integrare la dimensione di genere nella riflessione sulla città, così da poter organizzare gli spazi urbani puntando al benessere di tuttə lɜ cittadinə.
La città delle donne, se esistesse, sarebbe la città di tuttə, aspirerebbe a una rottura dei ruoli precostituiti e a un’ equa distribuzione fra i generi dei carichi legati alle responsabilità riproduttive.
Femminismo di periferia
Svolgere un’attività di mappatura sulla condizione della città in merito alla vita quotidiana di donne e minoranze mi ha aperto un vaso di Pandora che Martina Micciché (
) spiega molto bene nel suo saggio Femminismo di periferia.Il femminismo di periferia é movimento politico e sociale che rivendica esistenza, spazio e identità di chi abita i margini, siano essi città, corpi o ambienti. Ha come scopo il raggiungimento di una società equa, senza discriminazioni di genere, classe, identità, disabilità, nazionalità, specie: caratteristiche in base alle quali é attribuita anche una specifica collocazione nel territorio urbano. É una denuncia contro le disuguaglianze e la periferizzazione, un processo sociale che confina al margine cittadino ciò che il centro rigetta
Tra i vari temi affrontati - interessante l’approfondimento sul razzismo urbano e istituzionale nelle periferie, sul ruolo a margine di natura e animali - ho trovato chiave la spiegazione dell’organizzazione sessista delle città, sviluppate sulla dicotomia tra spazi pubblici (occupati principalmente da uomini) e culturali/privati (abitati maggiormente dal genere femminile).
Si produce di conseguenza un riflesso sui ruoli di sociali e di potere e un uso differenziato dello spazio da parte di uomini e donne, che variano i loro percorsi quotidiani, i luoghi che attraversano e l’orario di molte attività, per paura e per percezione di insicurezza o mancanza di servizi adeguati.



Apologia da fuorisede
Dell’essere marginali attorno ad un centro cittadino penso facciano parte anche la maltrattata categoria dei studenti fuorisede, di cui ci si ricorda l’esistenza solo quando il Tg lancia un servizio scandalo sulla condizione delle case (anzi meglio parlare di stanze) con un rapporto qualità (bassa)/prezzo (altissimo).
E chi sono io per non farmi portavoce di questa categoria: quattro anni passati in bilico sulla tavoletta del water rotta hanno sicuramente migliorato il mio equilibrio e la resistenza in posizione squat oltre i 3 min e mezzo.
Salutare Milano, almeno per un paio d’anni e poi bho chissà, ha aperto i miei rubinetti emotivi alla Rabbia di Inside Out. Nessuna sessione di yoga è servita da balsamo ma va bene così: voilà la mia apologia da fuorisede e a voi la critica delle mie personalissime lamentele, spero vi facciate almenno due risate.
Ho cercato ossessivamente, per mesi, un letto contenitore, nel disperato tentativo di trovare uno spazio sufficiente, così da aumentare la metratura dell’appartamento in cui si vive in quattro mettendo tutto sottovuoto, compreso il buonumore.
La tavoletta del water é rotta ma questo succede quando ti affidi alle foto degli annunci Facebook che con la grandangolare e al prezzo di 500€ fanno sembrare tutto ok. Mi sembrano comunque tanti soldi per non poter nemmeno pisciare in santa pace.
Forse non sono così socievole come immaginavo ma l’idea di dover interagire ogni giorno forzatamente con altre persone che non mi sono scelta non é allettante. É stato come tornare in una classe di scuola: avevamo tre o quattro amici, tolleravamo due o tre compagni inoffensivi, ne odiavamo con forza altrettanti e i restanti erano ombre passeggere di cui ci saremmo presto dimenticati i cognomi.
Ma non avevo alternative, questo sarebbe stato il compromesso da accettare per ricominciare da capo a Milano. Nel frattempo potevo solo sognare il mio futuro in una città ricca di opportunità, ignara che questo avrebbe significato vivere ancora a lungo con altre persone selezionate a caso dal destino, spesso corredate da abitudini moleste e disgustose. Il tutto chiedendo alla famiglia di pagare cifre molto alte per una camera mal arredate da una proprietaria, fortunata erede dell’appartamento del padre defunto e speculatrice specializzata in fuorisede disperate.
Vivo la mia esperienza come un soggiorno senza fine in un ostello della gioventù, c’è chi viene e c’è chi va senza sosta, la regola n 1 della proprietaria è che nessuna stanza resti sfitta nemmeno per un mese, mica ci può rimettere.
Con l’arrivo dell’età da giovane adulta adulta, che più o meno coincide con la firma del primo contratto lavorativo (??), è la solitudine che ho cominciato a bramare. Comunque non mi pagheranno mai abbastanza per trovare nel frigo cibo abbandonato da settimane, dover aspettare il mio turno per fare la doccia e guardare un film in cucina mentre la coinquilina si sta lasciando con il fidanzato nella stanza accanto.
La vita da fuorisede è un esperimento sociale che ti aiuta a determinare quanto sei disposta a sacrificare per un po’ di benessere, o a parvenza di.
Eppure in una città dove le possibilità di vivere dignitosamente si riducono a vista d’occhio, non posso certo permettermi di fare la preziosa, devo solo essere grata della mia esperienza milanese. L’inferno quindi sono gli altri? O sono gli appartamenti fatiscenti affitti a peso d’oro? O è la solitudine di una stanza singola ad Affori Centro?
Il bidet, almeno quello c’è e si salva dalla lista di cose rotte in cui lavatrice, lavastoviglie, forno e fornelli fanno parte. E poi? L’acqua calda, la dignità, l’obbligo di dover vivere sempre fuori perchè in casa non si può stare.
“Milano offre esperienze che le altre città italiane non ti possono garantire” mi chiedo se sia davvero questo il vero valore aggiunto. Forse sono io che non capisco ma dopo quattro anni nello stesso palazzo non conosco neanche uno dei miei vicini. Cercavo spazio, energia dalla città e mi sono trovata inscatolata in quattro mura.
In compenso sotto casa c’é un parco, un’immensa biblioteca, l’Ins mercato con il tofu a 1,60€. Tutto chiede salvezza.
Ho registrato questo pezzo assieme a Sex and the City per un progetto con We World e il Comune di Milano, non vedo l’ora di condividervi il podcast per intero!!
Ciao Milano, dai che sei stata bella
next stop ??